martedì 8 luglio 2014

Bonifiche industriali al palo

Da "Il Sole 24 Ore" del 19 settembre 2013

Tra crisi economico-immobiliare e lacci burocratici, il settore delle bonifiche in Italia è paralizzato. Eppure è proprio dalla riqualificazione del territorio che passa un nuovo sviluppo industriale sostenibile. Sono i temi al centro, da ieri e fino al 20 settembre a Ferrara, di RemTechExpo 2013, il salone specializzato nelle remediation technologies (le tecnologie di risanamento del suolo) alla sua settima edizione.

«La crisi ha messo a nudo che non c'è più spazio per un modello industriale che si sviluppi a discapito dell'ambiente e della salute. Bonificare, recuperare, valorizzare i vecchi siti inquinati significa rilanciare l'impiego e la crescita del Paese», sono le parole del ministro dell'Ambiente Andrea Orlando al taglio del nastro.
«Il nostro comparto va considerato a tutti gli effetti un'industria produttiva, le nostre imprese sono strumento per lo sviluppo della green economy del Paese, così invece finora non è stato», sottolinea Cesarina Ferruzzi, presidente Anida, l'associazione nazionale 150 aziende rappresentate, in un universo di 156mila, per 415mila addetti nei servizi ambientali (un migliaio di imprese di bonifiche siti e altre 2.800 nella bonifica amianto).
«In Italia, invece – prosegue Cesarina Ferruzzi - la difficoltà a costruire impianti di smaltimento ci costringe a far lavorare i rif
iuti non riciclabili all'estero e le normative sono farraginose e la burocrazia biblica».

Motivi per cui l'industria della remediation sta puntando sempre più all'estero, dall'Est Europa all'ex Urss, dal Brasile ai Paesi arabi e ovunque ci sia forte sviluppo immobiliare, dopo il crollo dell'80% delle bonifiche in Italia negli ultimi cinque anni. Saranno le attività oltrefrontiera a trainare in effetti il business di un'impresa leader nel settore, la quotata torinese Ambienthesis (a Orbassano ha la più grande piattaforma in Italia per trattare rifiuti industriali), che conta di raggiungere i 100 milioni di fatturato (70 1'anno scorso) entro il 2014, passando dai pochi punti di export attuali al 10-15%, «grazie al Golfo Persico e ai Balcani», commenta l'ad Pier Giorgio Cominetta.

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